Polietilene
Il polietilene, con il 40% del volume totale della produzione mondiale di materiali plastici, risulta uno dei polimeri più diffusi nella vita quotidiana. Nonostante la semplice composizione chimica esistono numerose varietà di polietilene le cui proprietà termiche e meccaniche cambiano a seconda della struttura molecolare delle catene che lo compongono e che ne determinano il tipo di impiego.
STORIA
Le prime tracce documentate di sintesi del polietilene risalgono al 1898 ad opera del chimico tedesco Hans Von Pechmann a partire dal daizometano, senza riuscire a riprodurre le condizioni originali di sintesi. Nel marzo del 1933 due chimici Eric Fawcett e Reginald Gibson nei laboratori inglesi della ICI, Imperial Chemical Industries, fecero un esperimento notturno con del gas di etilene ad altissima pressione scoprendo, sul fondo dell’autoclave, uno strato ceroso. Nel 1936 Michael Willcox Perrin brevetta la sintesi del polietilene e nel 1939 parte la prima produzione industriale di quello che possiamo facilmente individuare nella sigla LDPE (Low Density Polyethylene, Polietilene ad Bassa Densità). I primi test mostrarono le sue proprietà eccezionali come isolante e fu usato subito come sostituto della guttaperca per l’isolamento dei cavi elettrici nei sommergibili. Durante la seconda guerra mondiale il polietilene divenne un materiale “top secret” in quanto si scoprirono le sue efficienti proprietà di schermatura alle alte frequenze che, in combinazione alla sua leggerezza, lo fecero diventare il prodotto essenziale per l’utilizzo dei radar sugli aeri che necessitavano proprio di queste due caratteristiche.
Nel 1951 due chimici John P. Hogan e Robert L. Banks alla Phillips Petroleum Company con l’utilizzo di catalizzatori specifici riuscirono a produrre un polietilene molto più resistente l’HDPE (High Density Polyethylene, Polietilene ad Alta Densità). La catalisi del tipo Phillips risultò disomogenea con grandi quantità di produzione di polietilene dalle caratteristiche incostanti e fuori specifiche. Nel 1954 Karl Ziegler chimico tedesco, direttore del Max Planck Institute a Mülheim in Germania, durante uno dei suoi esperimenti con l’etilene, a causa di un errata pulizia del reattore rimasto sporco di sali di nichel, sintetizzò un dimero di etilene; questo incidente lo porto ad un’analisi sistematica di tutti i sali metallici trovando così la combinazione che permise di arrivare a produrre un polietilene dalla struttura lineare regolare ad alto peso molecolare e con caratteristiche costanti produzione dopo produzione. Nel 1980, con i progressi della tecnologia dei catalizzatori, fu realizzato un polietilene lineare a bassa densità( LLDPE Low Linear Density Polyethylene), intermedio tra HDPE e LDPE.
MORFOLOGIA
Il polietilene che sia LDPE, LLDPE o HDPE si presenta in forma semi-cristallina con una percentuale che può variale dal 40 al 80% a seconda del grado di polietilene.
STRUTTURA
Il monomero di base, cioè l’unità che si ripete uguale a se stessa per tutta la lunghezza della catena, è per tutti i tipi di polietilene la stessa. Ciò che distingue LDPE, LLDPE e HDPE dal punto di vista della struttura, è la quantità e il tipo di ramificazioni, come si può vedere nella rappresentazione schematica qui di seguito.
COMPARAZIONE
Come si evince dal nome la densità fa da padrona per la distinzione tra le macro categorie. Questa proprietà intensiva nei polimeri semicristallini è funzione della cristallinità, cioè la frazione di polimero in grado di ordinarsi in modo regolare occupando il minor volume possibile. Viceversa, la parte amorfa è dovuta all’introduzione nella catena principale di ramificazioni, come riportato nell’immagine sopra, che impediscono la corretta organizzazione in cristalli del polimero e, di conseguenza, implicano un abbassamento della densità. La struttura cristallina comanda molte proprietà del polimero, come ad esempio quelle ottiche, il punto di fusione e di rammollimento, il modulo elastico, il carico a snervamento ecc. Le più vistose differenze tra LDPE, LLDPE e HDPE sono quelle relative alle proprietà meccaniche. Risulta che l’HDPE è sempre più resistente alla trazione e alla flessione, è più duro e opaco del LLDPE che, a sua volta, risulta più performante rispetto all’LDPE. Le temperature di fusione più alte dell’HDPE lo rendono più idoneo ad applicazioni vicino a fonti di calore. Anche le proprietà di barriera ai gas e ai vapori seguono lo stesso andamento delle proprietà meccaniche: il migliore resta l’HDPE a seguire LLDPE e in fine LDPE.
Una precisazione deve essere fatta tra LDPE e LLDPE:
I due polimeri possono presentare la stessa densità e punto di fusione ma l’LLDPE mostra caratteristiche meccaniche migliori, questo è dovuto alla presenza, nel LLDPE, di piccole ramificazioni (massime di 6 unità) dalla macromolecola principale che, essendo lineari, giustificano l’equivalenza di valore di densità con maggiori proprietà meccaniche. Per quanto riguarda la resistenza agli agenti atmosferici tutte e tre le famiglie in esame vengono danneggiate dai raggi ultravioletti con decadimento delle caratteristiche fisiche. La resistenza agli attacchi chimici per LLDPE e HDPE risulta migliore rispetto all’LDPE. LDPE da parte sua risulta il più economico tra tutti polietileni.
Polietilene
Il polietilene, con il 40% del volume totale della produzione mondiale di materiali plastici, risulta uno dei polimeri più diffusi nella vita quotidiana. Nonostante la semplice composizione chimica esistono numerose varietà di polietilene le cui proprietà termiche e meccaniche cambiano a seconda della struttura molecolare delle catene che lo compongono e che ne determinano il tipo di impiego.
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